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Tomografia a emissione di positroni (PET): a cosa serve

27 Dicembre 2021

La tomografia a emissione di positroni è un esame molto utile in ambito oncologico.

Alcune particolari patologie richiedono esami approfonditi, spesso prescritti dal medico quando gli altri test lasciano intuire la presenza di una malattia e si necessita la conferma attraverso indagini di precisione. Tra queste particolarmente importante è la tomografia a emissione di positroni (PET), che utilizza una sostanza radioattiva per indagare le differente caratteristiche di un determinato organo o apparato.

INDICE

Che cos’è la PET

Per PET si intende appunto tomografia a emissione di positroni (l’acronimo deriva dal termine inglese Positron Emission Tomography), ed è un esame diagnostico per immagini particolarmente utile per individuare in maniera precoce i tumori, ma anche per valutarne la posizione esatta e la dimensione. 

Come funziona la tomografia a emissione di positroni

La PET è una metodica diagnostica di medicina nucleare. Comprende infatti la somministrazione per via endovenosa di una sostanza normalmente presente nell’organismo (in gran parte glucosio, più spesso FDG) combinata a una molecola radioattiva. Quando il corpo riceve la sostanza, questa scatena diverse reazioni: i tumori, in particolare, sono “avidi” di glucosio, per questo attraverso l’esame si possono evidenziare formazioni neoplastiche primarie e metastasi, che evidenziano, se presenti, un accumulo di questo zucchero. 

Il radio-farmaco, una volta iniettato, si deposita nelle cellule capaci di captarlo, indicando quindi la presenza o meno di un tumore. Si parla di positroni perché il radiofarmaco è composto da un atomo radioattivo capace di emetterli che, combinato a una molecola, “illumina” le aree a cui si lega. 

Quando è utile la PET

Questo tipo di esame, come dicevamo, è particolarmente utile per evidenziare tumori, conoscerne l’esatta posizione e la dimensione, scovare eventuali metastasi. Ma non solo: può essere usata per valutare se un tumore è cresciuto, se si è spanso ad altri organi o apparati, se invece è diminuito grazie a terapie come la chemio o la radioterapia. 

Anche se è particolarmente utilizzata sia in fase di diagnosi che di controllo post terapia o intervento chirurgico nel caso di tumori, la tomografia a emissione di positroni può essere utile anche in altri ambiti medici, tra cui: 

  • neurologia, per confermare la diagnosi di Alzheimer e differenziarlo da altre demenze
  • cardiologia, per verificare il flusso del cuore e la vitalità dei suoi tessuti
  • ortopedia, per analizzare i segmenti scheletrici ed eventuali protesi infette

Si può fare quindi una distinzione tra diversi tipi di PET, come: 

  • PET cardiaca, che mostra il funzionamento del cuore, utile per esempio per valutare la possibilità di un intervento chirurgico come bypass coronarico o trapianto di cuore
  • PET cerebrale, che mostra quali aree del cervello funzionano in determinate situazioni, utile per diagnosticare anche patologie come Alzheimer, Parkinson e crisi convulsive
  • PET total body, generalmente utilizzata in combinazione con la tomografia computerizzata (PET tac), per rivelare tumori e metastasi

Differenza tra PET, tac e risonanza magnetica

La tomografia a emissione di positroni si differenzia da altri esami come la tac o la risonanza magnetica, anche se in alcuni casi può essere complementare. Questi due esami, infatti, consentono di avere informazioni di ordine morfologico: analizzano infatti organi, apparati e tessuti riproducendo la loro struttura. La PET, invece, fornisce informazioni di tipo fisiologico, sulle condizioni delle aree del corpo analizzate. 

Quando queste indagini diagnostiche sono combinate, si parla di PET/TC (PET + tomografia computerizzata) e PET/RMN (PET + risonanza magnetica nucleare). 

La PET/RMN è particolarmente indicata per le indagini in ambito oncologico-pediatrico, perché sottopone al 70% in meno di radiazioni rispetto alla PET/TC. 

Cosa si vede con la PET

Anche se il suo contributo in abito oncologico è primario, la PET, tomografia a emissione di positroni, è indicata per rivelare diverse patologie. 

Questo esame diagnostico è capace infatti di individuare anche malattie infettive, neurologiche, reumatologiche. 

Nel momento in cui viene iniettato in vena il radio-farmaco - come dicevamo composto normalmente da glucosio (ma anche metionina o dopamina) che viene recepito dalle aree in cui si presentano le lesioni e da una molecola radioattiva che evidenzia questo accumulo grazie alla tecnologia nucleare del macchinario - se si è in presenza di tumori, metastasi, infiammazioni o altre problematiche la zona anatomica di interesse si “illumina”, rivelando la patologia. 

Come prepararsi alla tomografia a emissione di positroni

La preparazione alla PET è molto simile a quella per la tac, anche se i due esami sono diversi. Innanzitutto, è bene dichiarare al medico se si assumono farmaci regolarmente (o se si sono assunti prima dell’esame), se si è diabetici, se si sospetta o si ha la certezza di una gravidanza. Le donne incinte e quelle che allattano non dovrebbero infatti sottoporsi alla tomografia a emissioni di positroni perché le esporrebbe a radiazioni nocive. 

Chi ha il diabete, invece, potrebbe avere problemi causati dall’iniezione del farmaco a base di glucosio, per questo è bene valutare sia col medico che prescrive l’esame che col radiologo questo aspetto. 

Prima dell’esame si dovrebbe digiunare per almeno sei ore e in particolare evitare i cibi zuccherati. Nel giorno che precede la PET, sarebbe meglio non fare attività sportiva intensa ma è raccomandato bere molti liquidi.

Come si svolge la PET

La durata complessiva della tomografia a emissione di positroni è di circa tre ore, ma questo tempo comprende la preparazione, l’esame in sé e la fine del test. 

Per prima cosa si inietta per endovena il radiofarmaco. Si attende che entri in circolo, un lasso di tempo che può variare da pochi minuti fino a un’ora a seconda del radiotracciante utilizzato. 

Il paziente, spogliato di gioielli e altri metalli, viene steso su un lettino, che scorre dentro un macchinario composto da un anello (lo stesso della tac). Quando inizia l’esame, lo strumento registra le radiazioni emesse dal radiofarmaco, permettendo quindi di ricostruire la sua biodistribuzione e traducendola in immagini tomografiche. 

A seconda della parte del corpo, l’acquisizione delle immagini può avere varia durata, in media tra i venti e i trenta minuti. Una volta terminato, il paziente può rialzarsi e riprendere le sue attività. È consigliato bere molto per smaltire più rapidamente il radiofarmaco ed evitare il contatto con donne in gravidanza e bambini piccoli per alcune ore dopo l’esame. 

Ricordiamo inoltre che la PET non è dolorosa né pericolosa.

Effetti collaterali della PET

Non esistono particolari effetti collaterali della PET, se non quelli legali alla somministrazione del radiofarmaco che potrebbe portare prurito, edema ed esantemi nella zona di iniezione. Le reazioni allergiche sono estremamente rare.

Risultati della tomografia a emissione di positroni

I risultati della PET possono essere discussi col radiologo alla fine dell’esame. Ma solitamente la valutazione completa viene fatta dal medico che ha prescritto l’esame, sia esso l’oncologo, il neurologo, il cardiologo oppure l’ortopedico.

La tomografia a emissioni di positroni (PET) è una metodica diagnostica di medicina nucleare che può fornire immagini molto accurate sulle funzioni di organi e tessuti del corpo umano, permettendo così una diagnosi precoce dei tumori e di altre patologie. In particolare, la PET-TC total body con FDG è in grado di diagnosticare il 96% delle neoplasie maligne. 

La PET è comunque utilizzata anche in ambiti diversi dall’oncologia, come cardiologia, neurologia e ortopedia, ed è priva di rischi per il paziente.