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Colonscopia: cos’è, come funziona e quando farla

Dott.ssa Vanessa Dionne

Dott.ssa Vanessa Dionne


Medico Chirurgo

5 Agosto 2020 - Ultima modifica: 18 Febbraio 2021

Procedura endoscopica invasiva, effettuata in regime di sedazione cosciente, la colonscopia indaga la superficie interna del colon e del retto.

Esame endoscopico, la colonscopia consente di indagare la superficie intestinale per verificare la presenza di eventuali lesioni.

Grazie alla sua capacità di osservare la superficie interna del colon e del retto, non solo riesce ad individuare patologie quali i diverticoli, i polipi e le malattie infiammatorie croniche, ma svolge anche un ruolo di prevenzione secondaria del tumore del colon-retto.

In genere, la colonscopia viene prescritta qualora il paziente risultasse positivo all’esame del sangue occulto nelle feci (SOF). Un esame, questo, che rientra nello screening per la diagnosi precoce di una neoplasia decisamente diffusa: nel 2019, i tumori del colon-retto hanno rappresentato la terza neoplasia negli uomini e la seconda nelle donne (fonte: “I numeri del cancro in italia”). Per questo motivo, in Italia, ogni 2 anni le persone tra i 50 e i 69 anni sono chiamate a sottoporsi al test del sangue occulto nelle feci (ma ci sono Regioni, come il Piemonte, che preferiscono sottoporre uomini e donne alla rettosigmoidoscopia una sola volta, all’età di 58-60 anni).

I tumori al colon-retto, in genere, sono conseguenze dell’evoluzione di una lesione benigna della mucosa intestinale: poiché queste per trasformarsi in forme maligne impiegano tra i 7 e i 15 anni, sottoporsi alla colonscopia dopo i 50 anni diventa un importante strumento preventivo.

Indice:

  1. Colonscopia: come si svolge e quali sono le alternative?
  2. Come prepararsi all’esame
  3. Controindicazioni e precauzioni
  4. Colonscopia: quali patologie indaga?
  5. Colonscopia, sigmoidoscopia, rettosigmoidoscopia e rettoscopia
  6. L’enteroscopia con videocapsula

Colonscopia: come si svolge e quali sono le alternative

La colonscopia è una procedura endoscopica invasiva che, nella quasi totalità dei casi, viene effettuata in regime di leggera sedazione: mediante l’impiego di farmaci ipnotici e antidolorifici, somministrati per via endovenosa, al paziente viene indotta una sedazione cosciente che lo aiuta a sopportare il fastidio e il dolore della procedura.

Distesa sul fianco sinistro, in posizione fetale, alla persona viene insufflata anidride carbonica per facilitare la visualizzazione delle pareti intestinali e per agevolare il passaggio del colonscopio: questo consiste in una sonda di 11-13 millimetri di diametro, introdotta per via anale nel corpo del paziente e dotata di una microcamera che mostra in tempo reale le immagini dell’interno del colon-retto. Il medico, analizzandole, riesce ad individuare le lesioni sospette (sintomo di una patologia infiammatoria o tumorale) e - se lo ritiene opportuno - va a prelevare con apposite pinzette alcuni frammenti di tessuto, così da sottoporli all’esame istologico (biopsia). Se rileva invece la presenza di piccoli polipi, può procedere alla loro asportazione immediata.

Un’alternativa alla colonscopia classica è rappresentata dalla colonscopia virtuale: questa, non invasiva, è una tecnica radiologica che permette di studiare la parete del colon mediante la ricostruzione di immagini tridimensionali al computer, e l’impiego di immagini di tomografia computerizzata. La colonscopia virtuale serve a completare lo studio del colon, ma viene prescritta anche quando una patologia non consente di procedere con la colonscopia tradizionale per la presenza di problematiche quali le neoformazioni occlusive o subocclusive. Infine, può essere utilizzata come strumento di screening nei soggetti over 50 con familiarità per carcinoma del colon-retto.

Colonscopia: come prepararsi all’esame

Affinché la colonscopia fornisca una diagnosi precisa, è necessario che il paziente segua in maniera scrupolosa la preparazione come prescritta dal centro a cui si rivolge (in fase di prenotazione viene consegnato, oppure inviato via e-mail, un foglio con le regole da seguire).

Di norma, le restrizioni cominciano 48-72 ore prima dell’esame: a partire da quel momento, è necessario eliminare dalla propria alimentazione tutti i cibi ricchi di scorie (frutta, verdura, cereali integrali). Dal giorno o dalla sera prima dell’esame va osservata poi una dieta liquida, a base di brodo di dado (non vegetale), tisane, camomilla, acqua, succhi di frutta senza polpa, tè. E, contemporaneamente, si andrà ad assumere un lassativo che possa pulire completamente l’intestino.

Colonscopia: controindicazioni e precauzioni

La colonscopia è sconsigliata in caso si soffra di diverticolite acuta, megacolon tossico (la complicanza più importante della rettocolite ulcerosa) e quando si è reduci da un intervento chirurgico a carico del colon-retto, per scongiurare il rischio di perforazioni intestinali.

Pur trattandosi di un esame a basso rischio, non si può del tutto escludere l’insorgenza di complicanze. La più seria è la perforazione della parete intestinale, che richiede un immediato intervento chirurgico e una forte cura antibiotica ma - in caso vengano asportati polipi molto grossi - è possibile anche che si verifichi una emorragia, il più delle volte cicatrizzabile per mezzo del colonscopio (cauterizzazione). Gli altri rischi sono legati al sedativo somministrato, che richiede una certa attenzione soprattutto in caso di soggetti cardiopatici, e che può causare sonnolenza, annebbiamento della vista, secchezza della bocca, fino a reazioni allergiche e aritmie cardiache (motivo per cui è fondamentale avvisare di eventuali allergie).

Importante è non recarsi da soli all’appuntamento: alcuni centri richiedono un ricovero ospedaliero di 30-120 minuti per smaltire gli effetti del sedativo ma, se anche il ricovero non fosse richiesto, i farmaci somministrati potrebbero provocare sonnolenza e rallentamento dei riflessi rendendo pericolosa la guida.

Nelle ore successive alla colonscopia è possibile avvertire meteorismo e flatulenza, e una lieve perdita di sangue dall’ano in caso di rimozione di polipi. Se però le perdite di sangue dovessero protrarsi, o se si dovessero avvertire dolori addominali o febbre, consultare immediatamente un medico diventa necessario.

Colonscopia: quali patologie indaga?

La colonscopia ha due principali applicazioni: si inserisce nel percorso di screening del cancro al colon-retto, e diventa uno strumento di ricerca diagnostica in presenza di sintomi di natura intestinale.

A livello preventivo, talvolta si preferisce eseguire (nei soggetti privi di rischio) la sigmoidoscopia che - limitandosi all’ultimo tratto del colon - non consente però di individuare la presenza di polipi e di altre lesioni nei tratti superiori. Essendo lunga la sua preparazione, e trattandosi comunque di una procedura invasiva, la colonscopia (più accurata rispetto alla sigmoidoscopia) viene in genere prescritta quando si rileva sangue occulto nelle feci, quando la sigmoidoscopia evidenzia la presenza di polipi, oppure in via preventiva nei soggetti a rischio ogni 5 o 10 anni, dopo i 40/50 anni d’età.

Non solo permette di diagnosticare il cancro del colon-retto, la colonscopia. Serve infatti ad indagare anche l’origine di sintomi quali:

  • stipsi o diarrea cronica
  • sanguinamento rettale
  • forti dolori addominali
  • tenesmo (sensazione di incompleta evacuazione delle feci)
  • frequenti alterazioni dell’alvo (periodi di stitichezza alternati a periodi diarroici)
  • anemia sideropenica di origine ignota
  • presenza di muco nelle feci
  • emissione di escrementi nastriformi
  • perdita di peso significativa non spiegata

Colonscopia, sigmoidoscopia, rettosigmoidoscopia e rettoscopia

La colonscopia permette di indagare le pareti interne dell’intestino del colon e del retto, analizzando dunque:

  • retto-sigma
  • colon discendente
  • colon trasverso
  • colon ascendente
  • cieco

La sigmoidoscopia (o rettosigmoidoscopia) è un particolare tipo di colonscopia che si limita ad analizzare l’ano, il retto e il tratto terminale del colon (sigma); la rettoscopia, invece, si limita all’esplorazione endoscopica del canale rettale. In entrambi i casi viene utilizzata una sonda con videocamera, e c’è la possibilità di esportare i polipi in sede di esame.

L’enteroscopia con videocapsula

La colonscopia non è l’unico esame in grado di indagare l’interno dell’intestino.

La colonscopia virtuale, decisamente meno invasiva, è una tomografia computerizzata a bassa dose di radiazioni che permette di ottenere immagini 3D dell’intestino: tuttavia, non è affidabile quanto la colonscopia perché non rileva i polipi più piccoli di 5 mm né le lesioni piatte. E, se anche individuasse dei polipi, dovrebbe essere seguita da una colonscopia per la loro rimozione.

Immagini dell’intestino possono essere ottenute anche mediante l’enteroscopia con videocapsula, una metodica di recente introduzione che consiste nella somministrazione al paziente di una capsula (monouso, e simile per dimensioni alla capsula di un antibiotico) che - percorrendo l’apparato digerente - trasmette immagini del piccolo intestino archiviate in un pratico registratore e trasferite poi ad un computer, affinché il gastroenterologo esperto della metodica possa analizzarle. Tuttavia, l’enteroscopia non è indicata in caso di sospetta occlusione o subocclusione intestinale, diverticolosi con deformità del tratto gastroenterico e gravidanza.