PB Salute Logo

Escherichia coli nelle urine: sintomi, cause e cura

Dott. Vincenzo Napolano

Dott. Vincenzo Napolano

UROLOGIA
Medico chirurgo specialista in urologia e andrologia

9 Gennaio 2022 - Ultima modifica: 20 Gennaio 2022

In condizioni di normalità, l’urina non contiene batteri. In alcune situazioni, però, può succedere che venga colonizzata da microrganismi patogeni. Uno dei più comuni è l’Escherichia coli, che quando infetta l’apparato urinario può scatenare tutta una serie di sintomi. Ecco quali e come intervenire.

Indice 

Escherichia coli, che cos’è 

Con il nome Escherichia coli o E. coli si indica un gruppo di batteri Gram-negativi che fanno parte della normale flora batterica intestinale e che vivono nell’intestino senza provocare problemi, anzi contribuendo a mantenere sano il tratto digestivo. Svolgono un ruolo fondamentale, partecipando alla digestione degli alimenti introdotti con la dieta. Può succedere, però, che questo equilibrio si spezzi e che finiscano con il prendere il sopravvento i ceppi in grado di scatenare infezioni alle vie urinarie, detti ceppi uropatogeni

Escherichia coli nelle urine, le cause

La contaminazione delle urine da parte dell’Escherichia coli può verificarsi attraverso due vie: la via endogena, ossia interna, e quella esogena, ossia esterna. La prima è la modalità più comune: nella maggior parte dei casi, infatti, il problema nasce quando i ceppi uropatogeni di Escherichia coli presenti nell’intestino arrivano nelle vie urinarie. Queste, non essendo il loro ambiente naturale, reagiscono all’“invasione” infiammandosi e causando una serie di disturbi. Più raramente i microrganismi arrivano dall’esterno, per esempio per colpa di rapporti sessuali non protetti

I motivi per cui i ceppi di Escherichia coli provenienti dall’intestino possono finire nell’urina sono diversi. Innanzitutto, c’è una ragione anatomica: l’ultimo tratto dell’intestino, ossia l’apertura anale, è localizzata vicino alla parte finale delle vie urinarie, chiamata meato uretrale. Questa prossimità fra i due distretti favorisce il passaggio dei batteri. Anche la scarsa igiene intima e l’abitudine di lavarsi partendo dall’anno possono contribuire alla comparsa del problema.  

I fattori di rischio dell’Escherichia coli nelle urine

Ci sono alcuni fattori che aumentano la probabilità che le urine vengano colonizzate dall’Escherichia Coli. Ecco i più comuni. 

Sesso femminile: nelle donne, l’uretra, il tubicino che mette in comunicazione la vescica con l’esterno, è molto breve. Costituisce, quindi, una via d’ingresso molto facile per i batteri che arrivano dall’esterno, per esempio dal partner, o da altre zone del corpo, come dall’ano (il meato vaginale è, infatti, molto vicino a quest’ultimo, quindi è possibile che i batteri anali colonizzino la vescica).

Rapporti sessuali: attraverso i rapporti sessuali, specie se non protetti, si possono condurre batteri dall’esterno all’interno delle vie urinarie. 

Stipsi: è una condizione che rallenta il transito delle feci a livello intestinale, che tendono quindi a ristagnare nell’ultimo tratto dell’intestino. La possibile conseguenza è il passaggio dei germi fecali dalla parete permeabile dell’intestino all’apparato urinario

Gravidanza: alcuni ormoni tipici della gestazione (come il progesterone) determinano il rallentamento delle attività peristaltiche della muscolatura liscia, cioè dei movimenti di contrazione involontaria, della vescica. La sua funzionalità è quindi rallentata. Questo crea una stasi di urina a livello vescicale: una condizione ideale per la proliferazione dei batteri. Inoltre, l’utero aumentato di volume va a comprimere la vescica stessa, che così non può più svolgere al meglio le sue funzioni. Come conseguenza si ha un ulteriore ristagno di urina. Bisogna considerare, infine, che durante i nove mesi il transito intestinale rallenta. Questo può favorire la stitichezza, altra condizione favorente il disturbo. 

Trattenere la pipì: è una cattiva abitudine che favorisce il ristagno dell’urina in vescica (che favorisce la crescita batterica) e che rende le urine troppo concentrate. Queste, al contrario, dovrebbero essere espulse con una certa frequenza per allontanare i batteri. 

Diabete: si tratta di una malattia caratterizzata da un’alta concentrazione di zuccheri nel sangue. Quando i valori sono particolarmente elevati, il glucosio viene eliminato attraverso le urine, che normalmente non lo contengono. Lo zucchero, però, è una fonte di nutrimento per i batteri, per cui la sua presenza nelle urine favorisce la proliferazione batterica.  

Catetere urinario: questo presidio, specie se usato a lungo, aumenta il rischio di infezioni alle vie urinarie.

Escherichia coli urine e malformazioni

Fra i fattori di rischio di questa problematica ci sono anche le malformazioni anatomiche e le lesioni dell’apparato urinario, presenti fin dalla nascita oppure subentrate in seguito -  per esempio perché provocate da un’altra malattia, da un intervento chirurgico o dall’inserimento di un catetere. Quasi tutte, infatti, creano le condizioni ideali per la proliferazione dei batteri. Ecco le principali:

  • stenosi (restringimento) dell’uretra;
  • spina bifida: malformazione congenita del midollo neurale, l’organo da cui si forma il sistema nervoso del feto. Può portare a disfunzioni vescicali;
  • prolasso: caduta verso il basso della vescica, a causa del cedimento dei muscoli e della diminuzione della contrattilità delle pareti vescicali. La vescica non si svuota mai completamente durante la minzione, favorendo lo sviluppo dei batteri;
  • alterazione della valvola che collega la vescica all’uretra: così piccole quantità di urina tornano nella vescica. Il rischio è che trasportino anche batteri.

Escherichia coli nelle urine, i sintomi

In molti casi la presenza di Escherichia coli nelle urine scatena una cistite, ossia un’infiammazione della vescica. La cistite, in genere, si manifesta in maniera acuta: i disturbi arrivano all’improvviso e a distanza di poche ore dallo “scoppio” dell’infezione. Ecco i più comuni:

  • disuria: difficoltà a urinare;
  • stranguria: fastidio e dolore durante la minzione;
  • pollachiuria: aumento del numero delle minzioni
  • bruciore prima e mentre si urina;
  • dolore soprapubico: sensazione di dolore e pesantezza sopra il pube;
  • febbre serale;
  • talvolta si può rilevare la presenza di sangue nelle urine, a causa della rottura dei capillari più fragili.

Esiste, però, anche una forma asintomatica, in cui l’urinocoltura (l’esame che valuta la presenza di batteri nelle urine) è positiva ma non sono presenti sintomi di infezione urinaria. 

Gli esami per la diagnosi di infezione da Escherichia coli

Per diagnosticare la presenza di Escherichia coli nelle urine si ricorre all’urinocoltura, ossia all’analisi in laboratorio di un campione di urina. Questa indagine consente di isolare i ceppi responsabili dell’infezione e di valutare, se abbinata a un antibiogramma (ulteriore analisi su un campione di urine), la sensibilità o la resistenza agli antibiotici della specie batterica in causa nel paziente. Diventa così possibile scegliere il farmaco antibiotico più adatto al caso. 

Escherichia coli urine, le cure

Le cure variano a seconda della situazione. In genere, la forma asintomatica non richiede trattamento, se non nelle donne in gravidanza e nelle persone a rischio. Tuttavia, va monitorata nel tempo. 

La cistite, invece, va trattata. La cura d’elezione è rappresentata dalla terapia antibiotica. Fra i farmaci più usati ci sono: la fosfomicina trometamolo, che può essere somministrata in un’unica dose ma che non può essere usata a lungo perché molte persone sviluppano una resistenza a questo principio attivo; i fluorochinoloni, che sono molto efficaci, ma possono causare effetti collaterali di tipo gastro-enterico, muscolo-scheletrico o neurologico; i β-lattamici, una categoria molto ampia che comprende diverse classi di antibiotici, fra cui la penicillina. Per limitare la resistenza batterica talvolta sono associati a un inibitore delle β-lattamasi. 

Come accennato, la scelta dei farmaci da impiegare andrebbe fatta sulla base dei risultati dell’antibiogramma. Nell’attesa, però, è possibile ricorrere alla politerapia, ossia prendere più molecole antibiotiche in contemporanea, per migliorare la situazione e ridurre il rischio di insorgenza di ceppi batterici resistenti.